Perfect Stranger
Perfect stranger si propone all’interno dell’Orsara Jazz Festival come una riflessione visiva sul jazz. Florenskij diceva che la vista è la facoltà più elastica e più pronta in qualsiasi momento a servire come pura sensazione tattile, come pura sensazione di movimento o come intreccio dell’una e dell’altra in qualsiasi proporzione. Ed è per questo che attraverso i sei video che danno vita a questo esperimento di video istallazione, ci sembrerà di toccare con mano il jazz. Mit Borras, Valeria Borrelli, Alessandra Cianelli, Xavier Gavin, Silvia Maggi e Nazzareno Guglielmi non hanno prodotto dei semplici videoclip musicali, ma hanno creato le loro opere partendo da concetti e caratteristiche che definiscono il jazz e possono essere riscontrati in altri ambiti della vita e dell’arte come l’IMPROVVISAZIONE.
Lévi.Strauss paragona l’operato del jazzista all’attività del bricoleur, il quale non crea partendo da un progetto messo a punto a tavolino, ma si rivolge a quell’insieme di cose, materiali e strumenti già accumulati nel tempo, sviluppando con essi un dialogo costruttivo. Il bricoleur, quindi, ignora cosa produrrà esattamente, ma utilizzando ciò che ha sottomano, lo riorienta. Il risultato è così strettamente legato ai materiali che ha disposizione: anche in questo c’è improvvisazione. Questo esempio è molto vicino al processo creativo di Picasso. In Le mystère Picasso, un documentario del 1956, Henry George Clouzot ricorre ad una serie di fermo-immagine che mostrano un dipinto di Picasso nelle varie fasi di realizzazione. Utilizza una scansione temporale prima di cinque e poi di dieci minuti, due inquadrature sequenziali della stessa opera che ci rendono l’idea di come lavora l’artista e come agisce sulla composizione. Risulta chiaro da queste immagini che Picasso non avesse uno schema predefinito per trasferire le sue emozioni sulla tela, ma che adattasse il risultato retroagendo con l’idea precedente: modellando le forme a seconda di ciò che già aveva trascritto sul supporto.
Anche attraverso il video è possibile avvicinarsi a questo stadio di improvvisazione. Il jazz, inoltre, è una musica estremamente visiva, non perché documentata visivamente più di ogni altro genere musicale, ma perché è una musica fatta con il CORPO. Body Music, fa muovere e richiede movimento per essere prodotta. Il corpo umano è un soundful body, esso diventa sito del suono. Quest’ulteriore aspetto del jazz corrisponde con il tema centrale trattato nella video istallazione di Valeria Borrelli Fiori di luce (perfomed da Antonio Sacco), uno studio di ritmo, armonia,unità ed organicità strettamente legato al corpo in movimento ed alla gioia che esso genera.
Sarà invece il SUONO il fulcro della riflessione di Mit Borras. Un suono evocativo, questa volta, reso percepibile anche attraverso la bocca, quindi, un ulteriore senso coinvolto: il gusto.
Perfect Stranger si compone, così, di lavori multisensoriali ambientati in pieno centro storico ad Orsara di Puglia. Come ha sottolineato Michele Ferrara: “ricerca di innovazione”, e perché no, dialogo tra tradizione e modernità.
Viviana Checchia
Perfect stranger si propone all’interno dell’Orsara Jazz Festival come una riflessione visiva sul jazz. Florenskij diceva che la vista è la facoltà più elastica e più pronta in qualsiasi momento a servire come pura sensazione tattile, come pura sensazione di movimento o come intreccio dell’una e dell’altra in qualsiasi proporzione. Ed è per questo che attraverso i sei video che danno vita a questo esperimento di video istallazione, ci sembrerà di toccare con mano il jazz. Mit Borras, Valeria Borrelli, Alessandra Cianelli, Xavier Gavin, Silvia Maggi e Nazzareno Guglielmi non hanno prodotto dei semplici videoclip musicali, ma hanno creato le loro opere partendo da concetti e caratteristiche che definiscono il jazz e possono essere riscontrati in altri ambiti della vita e dell’arte come l’IMPROVVISAZIONE.
Lévi.Strauss paragona l’operato del jazzista all’attività del bricoleur, il quale non crea partendo da un progetto messo a punto a tavolino, ma si rivolge a quell’insieme di cose, materiali e strumenti già accumulati nel tempo, sviluppando con essi un dialogo costruttivo. Il bricoleur, quindi, ignora cosa produrrà esattamente, ma utilizzando ciò che ha sottomano, lo riorienta. Il risultato è così strettamente legato ai materiali che ha disposizione: anche in questo c’è improvvisazione. Questo esempio è molto vicino al processo creativo di Picasso. In Le mystère Picasso, un documentario del 1956, Henry George Clouzot ricorre ad una serie di fermo-immagine che mostrano un dipinto di Picasso nelle varie fasi di realizzazione. Utilizza una scansione temporale prima di cinque e poi di dieci minuti, due inquadrature sequenziali della stessa opera che ci rendono l’idea di come lavora l’artista e come agisce sulla composizione. Risulta chiaro da queste immagini che Picasso non avesse uno schema predefinito per trasferire le sue emozioni sulla tela, ma che adattasse il risultato retroagendo con l’idea precedente: modellando le forme a seconda di ciò che già aveva trascritto sul supporto.
Anche attraverso il video è possibile avvicinarsi a questo stadio di improvvisazione. Il jazz, inoltre, è una musica estremamente visiva, non perché documentata visivamente più di ogni altro genere musicale, ma perché è una musica fatta con il CORPO. Body Music, fa muovere e richiede movimento per essere prodotta. Il corpo umano è un soundful body, esso diventa sito del suono. Quest’ulteriore aspetto del jazz corrisponde con il tema centrale trattato nella video istallazione di Valeria Borrelli Fiori di luce (perfomed da Antonio Sacco), uno studio di ritmo, armonia,unità ed organicità strettamente legato al corpo in movimento ed alla gioia che esso genera.
Sarà invece il SUONO il fulcro della riflessione di Mit Borras. Un suono evocativo, questa volta, reso percepibile anche attraverso la bocca, quindi, un ulteriore senso coinvolto: il gusto.
Perfect Stranger si compone, così, di lavori multisensoriali ambientati in pieno centro storico ad Orsara di Puglia. Come ha sottolineato Michele Ferrara: “ricerca di innovazione”, e perché no, dialogo tra tradizione e modernità.
Viviana Checchia
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